Il baritono dirige a Fiesole “Così fan tutte” con i cantanti della Scuola di Musica e l’Orchestra della Camerata
Fiesole –Così fan tutte anno secondo a Fiesole. Nel ’91, quando si concluderà il seminario sulle tre opere di Da Ponte e Mozart che Claudio Desderi tiene alla Scuola di Musica di Fiesole, saranno circa una sessantina i giovani cantanti che avranno studiato e si saranno preparati per questi ruoli: avendo avuto anche la possibilità di cimentarsi nella concreta realizzazione musicale e scenica. Naturalmente non tutti entreranno poi in carriera; ma c’è da credere che questa esperienza rimarrà comunque un punto fermo nella loro formazione e magari contribuirà a far riflettere sulle abitudini delle nostre scuole di canto, dove ciò che manca è proprio il passaggio, delicatissimo, dalla fase dello studio tecnico e interpretativo alla prima verifica del palcoscenico. Che poi la scelta sia caduta su Mozart, e su questo Mozart italiano, rende l’intera operazione anche più significativa, e importante.
In attessa del debutto della seconda opera, Le nozze di Figaro, che avverrà in settembre (poi l’anno prossimo sarà il turno di Don Giovanni: e infine di tutte e tre le opere insieme), il Così fan tutte varato l’autunno scorso viene opportunamente ripreso per tre recite al Teatro Romano nell’ambito dell’Estate Fiesolana: offrendo così l’occasione di controllare lo stadio di maturazione e di crescita del lavoro svolto. Le due compagnie di canto formatesi dopo la selezione nel corso del seminario si alternano con criteri di distribuzione che evitano la suddivisione fra titolari e riserve; un po’ come in quelle partitelle in famiglia dove ciò che conta, oltre alle qualità dei singoli, è l’affiatamento e l’omogeneità dell’insieme: elementi che in un’opera di simmetrie perfette e di rapporti esattamente calcolati com’è Così fan tutte sono di primaria importanza.
Ciò che riesce immediatamente convincente è la cura dei recitativi. Di solito proprio i recitativi sono, anche nelle esecuzioni ad altissimo livello, il punto dolente, la maggiore offesa allo stile mozartiano. Soprattuto quando si ha a che fare con cantanti di lingua straniera, capita di sentirli tirati via con sciatteria e pronuncia incomprensibile, quasi si trattasse di meri impacci all’effusione delle arie o degli insiemi. Desderi, evidentemente facendo tesoro delle sue collaborazioni con Riccardo Muti – l’unico grande interprete di Mozart che sappia oggi affrontare come si deve i recitativi – vi presta invece un’attenzione profonda: imponendo non soltanto una dizione di esemplare chiarezza ma anche inflessioni espressive e tempi appropriati alla dinamica dell’azione. E trova risposta adeguata in cantanti italiani non ancora guastati dalla routine della professione e dalle cattive abitudini.
Accollandosi non solo la preparazione musicale, ma anche la direzione dell’opera Desderi si espone a qualche rischio, soprattutto nei confronti dell’orchestra (quella volonterosa e partecipe della Camerata Musicale Fiesolana; il coro è invece quello della scuola, diretto da Elio Lippi). Ma è abbastanza intelligente da non pretendere di stravolgere con idee interpretative stravaganti una partitura di difficilissima resa (forse la più difficile di tutte); si attiene invece a tempi giusti, tendenzialmente rapidi, e a una sobria calibratura strumentale. E pur di assecondare i cantanti, quasi respirando con loro, accetta di buon grado, col sorriso sulle labbra, qualche imprecisione o mancanza di coesione; resa ancora più problematica – va detto – dalle infelici condizioni acustiche di un teatro all’aperto.
Sarebbe antipatico e ingiusto fare distinzioni di merito nella prestazione di uno stuolo di cantanti che ha nell’evidente lavoro svolto in comune e nella fusione raggiunta il suo pregio maggiore. Rimangono tuttavia alcune indicazioni: la difficoltà, per esempio, di trovare oggi anche fra le giovani leve un Ferrando e una Fiordiligi all’altezza della situazione (anche nelle debite proporzioni di un seminario di studi: vi si provarono qui Sorrentino, Patterson e Facini, la Celotto e la Brown, quest’ultima la più a posto). Promettenti, e forse anche qualcosa di più, la Mazzoni e la Fratarcangeli (Dorabella), la Nocentini e la Bidinelli (Despina). Fra gli uomini Di Matteo e Bucci si giovarono, quali Alfonso, della lunga esperienza pratica di Desderi; mentre Scaltrini e Rumetz vestirono ancora i panni di Guglielmo, bene.
Provvedeva alla regia e ai movimenti scenici Roberto Guicciardini. Dopo un pessimo inizio (un mimo inventato per fare da burattinaio: come se Così fan tutte potesse tollerarlo) Guicciardini ha saputo creare atmosfere suggestive con un elegante gioco di luci e muovere gli attori con disinvoltura, anche se calcando troppo la mano sulla farsa, che Così fan tutte assolutamente non è.
«Così fan tutte» di Mozart al Teatro Romano di Fiesole per l’Estate Fiesolana (replica oggi)
da “”Il Giornale””